Come ho spento un attacco di panico in autostrada (e perché puoi farlo anche tu)
Sembra una follia, lo so. Ma ti giuro che è successo davvero.
E non sono un eroe, né un fanatico della forza di volontà. Sono solo uno che, per un certo periodo, aveva paura di tutto. Di guidare, di impazzire, di morire senza motivo.
Era un pomeriggio qualunque. Ero sull’autostrada, direzione Milano.
All’improvviso: sudore freddo, cuore che batte come un tamburo, testa che si stacca.
Chi ha avuto un attacco di panico sa cosa intendo.
“Esco alla prima uscita? Mi fermo? E se muoio prima?”
Invece quella volta ho fatto una cosa diversa.
Una cosa che non mi avevano mai insegnato.
Il trucco è questo: parlarti meglio, ma non con frasi motivazionali. Con frasi VERE.
Sì, perché il panico non viene da una malattia.
Viene da un dialogo interno che è andato in tilt.
Il corpo è sano, ma la mente ha attivato l’allarme per niente.
E tu, ogni volta che scappi o ti fermi, confermi a quell’allarme che aveva ragione.
Quella volta, invece, sono rimasto. Ho rallentato, ma non sono scappato.
Mi sono detto parole che non avevo mai usato prima.
Non per tranquillizzarmi, ma per riappropriarmi del comando.
"Se sopporto un minuto in più, ho già vinto."
Sembra banale, ma funziona.
Ho trasformato la fuga in resistenza, la resistenza in controllo.
E il panico si è sgonfiato da solo, come un pallone bucato.
Da allora, qualcosa è cambiato.
Non sono diventato immune, ma ho capito come si spezza il ciclo.
E ho scritto tutto.
Perché se ha funzionato con me, può funzionare anche con te.
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